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morte in diretta TV

Le notizie di cronaca degli ultimi giorni e le trasmissioni televisive sportive e non, riferiscono di eventi tragici accaduti a sportivi durante la loro attività professionale. Sono eventi rari, ma possibili, che creano scandalo! Allora, solo allora ci si accorge che esiste un evento chiamato: morte. Il nostro termine ultimo, già definito nel momento stesso in cui nasciamo: siamo destinati a morire. Ci si scandalizza per l’età del deceduto; un giovane atleta pieno di speranze per il futuro. Per sovrammercato, siamo costretti a subire le immagini, in diretta, dell’evento morte, cui nessuno è preparato. L’occhio asettico ed impersonale della telecamera ritrasmette la scena della morte. Nulla attorno è preparato per quello! Tutto si svolge fuori luogo e fuori tempo. L’assurdo irrompe nei nostri salotti. L’evento è doppiamente drammatico, perché la nostra cultura non educa ad affrontare la morte e questa ci viene mostrata crudamente, senza veli e senza ragione. Ma vale la pena di chiedersi: che cosa muore?

I medici sciorinano il loro linguaggio tecnico, gli esami di controllo erano stati eseguiti senza che rilevassero nulla di anomalo, non malformazioni congenite, ne intossicazioni da droghe o da farmaci. I medici hanno fatto tutto ciò che era in loro potere: l’uso del defribillatore, il massaggio cardiaco, le terapie. Tutto è stato inutile!

Manca una considerazione elementare: non è che il cuore o la circolazione pulsino e funzionino in base anche a qualcosa di non misurabile con gli strumenti più perfezionati? Cioè, da cosa o da dove parte il battito cardiaco? La risposta della scienza fisiologica dice che è il nodo seno-atriale, una risposta tautologica che non scioglie la domanda ontologica sull’impulso primigenio della vita e del suo mistero.

Dal punto di vista ayurvedico, ciò che interessa, è l’ultimo evento di coscienza che ha vissuto chi è deceduto. Ha avuto consapevolezza di quanto stava accadendo? Ha potuto avere un ultimo pensiero di accettazione di quello che stava accadendo? Infatti per l’Ayurveda esistono due tipi di morte, relativamente al tempo: la morte al tempo giusto oppure al tempo sbagliato. Il tempo giusto riguarda la chiarezza che il morente ha di ciò che sta succedendo. Il tempo sbagliato è quando c’è una reazione emotiva di rabbia e di rifiuto della morte. Non è una questione di anni di età, ma solo di consapevolezza. La ‘buona morte’ improvvisa ed indolore che la maggioranza delle persone si augurano di avere, quando arriva in diretta televisiva diventa una ‘assurda tragedia’ o ‘lo scandalo di una morte improvvisa’.

Per l’Ayurveda la morte fa parte della vita, così come la nascita; perché mai noi oggi la rifuggiamo? Forse ci dobbiamo affidare al soccorso della poesia:

Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, / Silenziosa luna?/…..Nasce l’uomo a fatica, / Ed è rischio di morte il nascimento. / Prova pena e tormento / Per prima cosa; e in sul principio stesso / La madre e il genitore / il prende a consolare dell’esser nato. / … (Canto notturno di un pastore errante dell’Asia – G. Leopardi)

 

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Articolo di

Dott. Guido Sartori, medico, laurea con lode presso Università di Bologna, tesi sperimentale sull'Ayurveda; pratica a Bologna la Medicina Tradizionale Ayurveda; come presidente Associazione Pazienti Ayurvedici ATAH Ayurveda ha sottoscritto il Documento di Consenso per le M.N.C.; membro della Commissione Medicine Non Convenzionali dell'Ordine dei Medici di Bologna, docente Master Universitari in M.N.C., già docente alla scuola Ayurvedic Point; socio fondatore Ass. ASIA, insegnante di Yoga e 2° dan Ki-Aikido Yushinkai; consulente farmacologo e formulatore di preparati ayurvedici innovativi con piante italiane; socio fondatore Ass. Medicina Centrata sulla Persona ONLUS; ha studiato con Vaidya Bhagwan Dash, Asthavaidya Narayanan Nambi, Madhu Bhajra Bajracharya

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