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Melograno (Punica granatum)

lunedì, 23 agosto 2010

Un arbusto sempre presente nei giardini dei nostri nonni era il Melograno, pianta dai colori brillanti: foglie verde vivo, fiori dal calice rosso intenso, con un frutto particolare, detto balausta, avente la scorza rigida giallo-rossastra. Il frutto maturo è affascinante in quanto al suo interno si trovano numerosi granelli rossi-vinosi dalla polpa vitrea che ammaglia la vista, mentre il suo succo appaga il palato.

Era presente nei giardini non solo per la sua bellezza, in particolare del frutto, ma soprattutto era considerato una pianta “farmacia” per le sue molteplici virtù salutistiche. Sin dall’antichità queste virtù lo hanno reso una pianta nota e molto apprezzata da tutte le civiltà: egiziana, fenicia, greca, romana, araba, turca, indiana, cinese. Ogni cultura diede al Melograno un significato simbolico: in genere, il fiore, il frutto e i numerosi semi sono stati associati alla fertilità, alla fratellanza e all’unità (i chicchi rossi sono racchiusi in un unico frutto). Ma il Melograno funge anche da ponte nel ciclo di vita e morte, morte e vita in quanto è stato trovato sia rappresentato nei reperti archeologici fenebri egiziani e sia nell’oltretomba nei racconti mitologici greci e romani. Infatti, il mito di Persefone, figlia di Demetra (Madre Terra, dea del grano e dell’agricoltura) e di Zeus (il Re e padre degli dei, il Sovrano dell’Olimpo) rapita da Ade (dio degli Inferi) invaghitosi di lei col permesso del padre Zeus, descrive la disperazione di Demetra nel cercare la figlia portata a sua insaputa nel mondo sotterraneo e di come la vita sulla terra si fermò. Per la carestia si innalzarono forti lamenti da parte degli uomini e per il non ricevere più le offerte dagli uomini si innalzarono suppliche anche da parte degli altri dei. Alla fine Zeus per riportare la fertilità sulla terra e la quiete nell’Olimpo, persuase Ade a liberare Persefone. Ma Ade non voleva perdere completamente la sua amata e con inganno, prima che lo lasciasse, le fece mangiare quattro semi di melagrana magica, che l’avrebbero costretta a ritornare negli Inferi per quattro mesi all’anno. Quando Persefone e Demetra ritornavano insieme la terra rifioriva, ma quando si separavano per quattro mesi all’anno per il ritorno negli Inferi di Persefone, la terra ridiventava spoglia e infeconda. Questi quattro mesi sono quelli invernali in cui la vegetazione ingiallisce e muore.

Il Melograno è una pianta antichissima (risale al Pliocene) ed è originaria dell’Asia centro-occidentale (cresce spontanea in Afghanistan e in Iran). E’ molto usata in Ayurveda che utilizza tutte le sue parti: radici, corteccia, scorze, frutti, fiori, semi. Il suo nome sanscrito è Dadima e ha la proprietà di equilibrare tutti i tre dosha, tanto è vero che il gusto acidulo del succo non aggrava Pitta (fuoco), ma migliora Agni (il potere digestivo), dona forza al corpo e alla mente per la sua qualità untuosa che, con linguaggio scientifico, diremmo ricco di vitamine A, C, E, acido folico. E’ un astringente naturale, in potenza non è né freddo, né caldo. Vipaka (sapore post digestivo) è dolce.
In Ayurveda il succo di melagrana allevia l’infiammazione dello stomaco, se addizionato con un po’ di zucchero è un buon rinfrescante di tutto l’organismo; la scorza del frutto, per il suo potere astringente, è utilizzata nel combattere la dissenteria, mentre la radice e la corteccia sono impiegati come tenifugo.
La polvere dei fiori secchi presa insieme allo zucchero Sharkara (lavorazione particolare ayurvedica dello zucchero di canna) allevia la tosse.

La medicina ufficiale, tramite le analisi di laboratorio, ha confermato le diverse proprietà benefiche del melograno attribuite da tutte le tradizioni culturali.

Alloro (Laurus nobilis)

sabato, 19 giugno 2010

Perché si usa portare corone d’Alloro presso i monumenti nei giorni delle ricorrenze? Perché i neo-laureati si cingono la testa con una corona di foglie d’Alloro? Da dove nasce questa tradizione?

Nasce nell’antica Grecia che considerava la pianta d’Alloro sacra ad Apollo in quanto, secondo la mitologia, in essa fu trasformata la ninfa Dafne. Secondo alcuni narratori Dafne, il cui nome significa Laurus, Alloro, era figlia e sacerdotessa di Gea, la Madre Terra e del fiume Peneo che, per sfuggire impaurita dal dio Apollo perdutamente invaghito di lei, ma non corrisposto, chiese a sua madre Gea di aiutarla. La Madre Terra la trasformò in un leggiadro e forte albero. Alla vista di ciò, il dio Apollo, per onorarla, decise di rendere questa pianta sempreverde, di considerarla a lui sacra e che rappresentasse un segno di gloria se posta sul capo dei migliori fra gli uomini, capaci d’ imprese esaltanti. Per questo gli imperatori romani si cingevano la testa di Alloro durante i trionfi e le cerimonie. Questa usanza si protrasse fino al Medioevo e al Rinascimento, ma incoronati o laureati non furono più i sovrani, ma i poeti e i letterati. Il termine attuale di laurea deriva proprio da questo riconoscimento.

Da allora la pianta d’Alloro è considerata una pianta nobile per eccellenza da coltivare in tutti i giardini!

I pregi di questa pianta non sono solo di onorificenza, ma anche aromatici e curativi.

Le sue foglie coriacee contengono molti oli essenziali responsabili della sua particolare fragranza e per tale aroma sono utilizzate in cucina in moltissime ricette di: cereali, verdure, carni, legumi, salse ….

Secondo l’Ayurveda i suoi sapori (rasa) sono: pungente, amaro, astringente. Per questo l’Alloro stimola la digestione (Agni) se mescolato, durante la cottura, con il cibo o, se viene servito come tisana, soprattutto alla fine dei pasti.
Per preparare una tazza di tisana bisogna far bollire, per pochi minuti, una foglia fresca di media grandezza o 1 cucchiaino di foglia secca sminuzzata. Filtrare e bere calda.

L’Alloro, inoltre, per le sue qualità (guna), oltre ad avere un’azione aperitiva e digestiva, ha anche un’azione espettorante, antireumatica, sudorifere.

Nel passato era molto impiegato l‘olio di alloro che si prepara con le bacche di alloro colte a maturazione, seccate e tritate. Questa è la ricetta: polvere di bacche messe a macerare in olio vergine d’oliva nella proporzione di uno a tre (1 parte di polvere, 3 parti di olio). Dopo un mese di maturazione in ambiente caldo, il preparato può ritenersi pronto. Si filtra e si conserva in bottiglie di vetro scuro. Si applica esternamente sulle parti interessate del corpo con massaggi lenti e penetranti.

Alium: togliamo un tabù

mercoledì, 12 maggio 2010

Nella nostra società l’uso abituale in cucina o per preparare oli composti per uso esterno dei bulbi della famiglia Liliaceae come Alium cepa L. (cipolla), Alium sativum L. (aglio), Alium fistulosum (cipollotto), Alium porrum (porro) è andato in disuso perché creano alitosi e hanno odore forte non gradito per stare in mezzo alle persone!

Questo è vero in quanto il loro forte aroma proviene dalla presenza di molti composti solforati tra cui l’olio volatile di solfuro d’allile che dona la caratteristica fragranza. Perché rinunciare a questi ortaggi che sin dall’antichità erano considerati gustosi come cibo e come prevenzione di alcuni disturbi della salute?

Secondo l’Ayurveda l’aglio contiene 5 sapori su sei che sono: pungente, salato, dolce, astringente, amaro, manca l’acido , mentre la cipolla contiene 4 sapori, cioè sono delle piante che hanno in sé quasi tutto quello che serve all’uomo per mantenere in equilibrio il proprio metabolismo.

Oggi, buona parte delle persone a causa della vita sedentaria e per il cibo raffinato o conservato di cui si alimenta, oltre avere poco fuoco digestivo provocato anche dallo stress, ha più o meno gravi problemi di costipazione, di allergie, di ipertensione, di digestione, perché non aiutare il nostro corpo e mente a stare in salute con piccoli gesti quotidiani come l’uso di cipolle e aglio nella nostra dieta?

Vi possono essere alcuni accorgimenti per eliminare la fastidiosa alitosi. Prima di tutto, quando si tagliano finemente aglio e cipolla togliere l’eventuale germoglio, molto indigesto, poi “soffriggere” in poca acqua e non in olio, in quanto è l’olio soffritto che appesantisce la digestione oltre ad essere “tossico” per il nostro organismo. Se insieme all’aglio e cipolla si addiziona 1 o 2 cucchiaini di zenzero fresco o in polvere si favorisce la digestione e di conseguenza si elimina l’alitosi.

Se questi espedienti non sono sufficienti per non avere “alito pesante” si possono masticare 3 o 4 semi di cardammomo verde dopo i pasti oppure assumere un cucchiaio di cocco grattugiato sul quale si è spremuto del succo di limone. Oltre ad essere molto buono, toglie in breve tempo l’alitosi.

Guarire con il Metodo Gerson

lunedì, 28 settembre 2009

Charlotte Gerson e Beata Bishop, ed. MacroEdizioni

gersonE’ un libro molto interessante per l’approccio alla terapia naturale compiuto dal dott. Gerson alla luce dei fallimenti di cura attuati con i farmaci di sintesi sia su se stesso che sui suoi pazienti. L’aver compreso che un ammalato è soprattutto una persona che necessita un’azione di depurazione e che questa non può essere eseguita da farmaci, ma da una corretta, sana alimentazione svolta in case prive di sostanze tossiche, in un ambiente accogliente, circondati da persone che cooperano alla guarigione dell’ammalato, fu un passo di rottura molto importante, all’inizio del secolo scorso, nei confronti delle terapie della allopatia (scienza-tecnica).

Il Metodo Gerson si è sviluppato in modo empirico sulla popolazione statunitense. Alla sua base rimane una visione dell’essere umano meccanicistica e non vi è un chiaro pensiero filosofico del perché attuare determinate azioni anziché altre nella sua terapia.
Se il dott. Gerson avesse incontrato e studiato l’Ayurveda, avrebbe trovato la risposta a tutti i suoi quesiti e osservato che i suoi tentativi di cura erano corretti, ma nel complesso abbastanza grezzi, approssimativi rispetto a quelli sviluppati in Ayurveda nei secoli. Da millenni l’Ayurveda prescrive il Panchakarma per la depurazione del corpo in funzione della tipologia della persona, dell’ambiente geografico, del tipo di stress dell’ammalato, ecc. con notevole successo. Sono diverse metodiche che vengono prescritte dal medico ayurvedico che si basano su principi fisiologici e sulle filosofie ayurvediche.

Noi e il lavoro

giovedì, 12 febbraio 2009

Abbiamo mai pensato che la nostra attività lavorativa e il luogo in cui si svolge condiziona fortemente la nostra vita e la nostra salute?

traffico1Se siamo fortunati spendiamo poco tempo per recarci al lavoro, molto spesso trascorriamo ore in autobus, treno, automobile. Sin dal primo momento della giornata siamo in lotta col tempo! Guai agli ingorghi del traffico, ai ritardi dei mezzi pubblici, al loro sovraffollamento, ci procurano subito nervosismo, ansia.

Arriviamo sul posto del lavoro che siamo già stanchi per il tragitto percorso.  Apriamo la serranda del nostro negozio, varchiamo la porta dell’ufficio o della fabbrica e,  si schiude il luogo dove trascorreremo 8 ore di lavoro più pausa pranzo:  più di un terzo della nostra giornata! Alla sera,  il ritorno a casa è simile a quello del mattino! Alcuni riescono, sempre di corsa, a fare la spesa, a ritirare i vestiti in lavanderia ……

Come possiamo attuare piccoli accorgimenti per interrompere questo ritmo incalzante, non potendo fare rivoluzioni totali di stile di vita?

L’Ayurveda indica alcuni principi e modalità che possono essere applicati con piccoli gesti.

Prima di tutto bisogna RISPETTARCI!

Cosa significa? Bisogna iniziare a considerarci PERSONE e NON MACCHINE.

Pur essendo incalzati dagli eventi del giorno, possiamo interromperli e ‘considerarci’, fermandoci per pochi secondi o un minuto per compiere un profondo respiro o semplicemente osservare il respiro che abbiamo in quel momento e lasciarlo libero, se ci accorgiamo che è contratto. Questo lo possiamo svolgere davanti al computer, mentre camminiamo passando da un ufficio all’altro, davanti alla catena di montaggio, mentre ci rechiamo a prendere i figli a scuola. Ognuno di noi può trovare più momenti brevi durante il giorno. Questo permette di non alterare due dei nostri equilibri che ci costituiscono Vata e Pitta. Un semplice ‘stop’ di dieci secondi del ritmo intrapreso permette di essere più calmi, più precisi nelle azioni come nei pensieri.

Se accanto a questo esercizio mettiamo una prima colazione fatta in casa, seduti a tavola, con fette di pane spalmate di burro chiarificato (ghee), con 2 o 3 mandorle, 1 fico secco, una tazza di tisana calda o caffè d’orzo, 1 cucchiaino di frutti di finocchio ben masticati, forniamo al nostro corpo corrette energie per affrontare la giornata.

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Sarebbe fantastico, poi, riuscire a portare sul lavoro un thermos con una tisana calda da bere. Rimarremmo idratati e il calore ci “coccola” un pochino. Bevendo poco e solo bevande nervine roviniamo i reni e le mucose dello stomaco e dell’intestino.

La maggior parte di noi, inoltre, svolge una vita sedentaria e per sedentaria si intendono anche le persone che stanno in piedi dietro un banco del bar o davanti a una pressa. In questo caso sono molto utili piccoli esercizi con i piedi. Si porta il peso del corpo sulle punte dei piedi sollevando i talloni e poi si sposta il peso sui talloni sollevando le punte dei piedi. Questo esercizio può essere eseguito da seduti o stando in piedi, si ripetute almeno per cinque volte e, poi, più volte al giorno. In questo modo si riattiva la circolazione degli arti inferiori, prevenendo gonfiori e dolori. Ottimo, alla sera anche davanti alla televisione, farsi un pediluvio con polvere di erbe specifiche per la nostra costituzione. Ottimo per riequilibrarci e prepararci ad un sonno ristoratore!

Se stiamo meglio, possiamo affrontare più sereni tutti gli eventi della giornata.