In Aprile è uscito in libreria un piccolo saggio del dott. Giorgio Cosmacini, medico e storico della medicina, dal titolo: “La scomparsa del dottore”, ove si affronta il tema della progressiva mutazione e cancellazione dell’esemplare umano del “dottore”, anzi del “mio dottore”. Si parla di questa figura nei termini di una specie di “amarcord”, richiamando alla nostra memoria una tipologia di medico che ormai, a suo dire, appartiene al passato. Si tratta si di un laureato in medicina e di un professionista accreditato e competente, ma soprattutto di un interlocutore al quale confidare pene e dolori, una sorta di confidente con il quale affrontare problemi di salute e di equilibrio personale, al quale sostanzialmente affidare se stessi. Anche io, scavando nei miei ricordi di bambina e adolescente rammento bene quell’onesta e nobile figura del medico di famiglia pronto ad accorrere in casa ad ogni influenza o bronchite, con la sua grande borsa piena di quello strumentario semplice ma indispensabile per le diagnosi che si facevano allora, senza tanti esami di laboratorio: lo stetoscopio, il misuratore di pressione, una paletta di metallo per guardare la gola, un martelletto per i riflessi e altro ancora; ma soprattutto arrivava carico di affetto e premure e di tanta attenzione nell’ascoltarmi, qualità mai più ritrovate negli anni successivi nei medici di base in cui mi sono imbattuta. Ma al di la della nostalgia un pò sentimentale di questi ricordi, quello che preme all’autore e anche a me sottolineare è che ciò che davvero conta è l’evitare di rassegnarsi all’idea che i valori che “l’onesta faccia del dottore” portava con se, debbano essere considerati irrimediabilmente perduti.
A questo proposito voglio sottolineare che l’esperienza da me fatta, negli anni più adulti, delle così dette medicine non convenzionali quali la medicina cinese, l’omeopatia, l’antroposofia e soprattutto della medicina ayurvedica, che sto attualmente seguendo, mi ha portato a trovare come interlocutore, una figura di medico che ricompone in se un po di tutte quelle caratteristiche e forse anche qualcuna in più, che, nel caso della medicina occidentale, sono state superate e perdute a causa dell’impostazione eccessivamente tecnologica e specialistica che caratterizza attualmente la pratica clinica, a scapito della relazione tra medico e paziente.
Articolo di Maddalena
Maddalena Marchesini è laureata in Scienze Politiche indirizzo sociologico. Possiede l'abilitazione professionale all'insegnamento di Psicologia sociale e Pubbliche relazioni. Dopo alcuni anni di consulenza, diviene dipendente della Regione Emilia Romagna in qualità di funzionario nel 1985. Si occupa fino ai primi anni novanta di ricerca e analisi sul mercato del lavoro e sul sistema scolastico e professionale, partecipando alla stesura e redazione di pubblicazioni e riviste periodiche della Giunta regionale. Successivamente ha svolto, per la presidenza del Consiglio Regionale, il coordinamento di iniziative di informazione e comunicazione in materia di multiculturalità e diritti umani, in collaborazione con Amnesty International, Scuola e Università. In questi ultimi anni, dopo un periodo di lavoro presso la Commissione Consigliare Ambiente, ove ha svolto attività a carattere legislativo e istruttorio, a conclusione del suo iter lavorativo presso la Regione Emila Romagna, diviene membro della associazione Atah Ayurveda, con la quale attualmente collabora, interessandosi da oltre vent' anni di Medicine non Convenzionali.
Non ho ancora letto il testo, ma lo farò al più presto. Non credo che il dott. Cosmacini sia semplicemente un nostalgico, ma che colga il nodo cruciale della medicina nella nostra società. Qualcosa è scomparso e non è stato sostitiuto.